S P I G O L A T U R E
Carnera, l’Australiano (1914-2006)
All'inizio del sentiero che da Varigotti porta a Capo Noli (passando per gli alti promontori sul mare) troverete una strana opera multicolore in cemento e gesso..........
Testo di Luca Sibona - fotografie di Luca Sibona e Alfredo Izeta
Settembre 2011

Per anni, percorrendo uno dei più suggestivi sentieri del Ponente Ligure, mi sono chiesto che cosa fosse quello strano monumento che si incontra a pochi passi dalla Chiesa di San Lorenzo vecchio, a nord, verso il Monte Capo di Noli. Inizialmente pensavo ad un ricordo frutto di uno scambio giovanile italo australiano. Poi, grazie a Luca, anche lui conosciuto su uno sterrato, in questo caso nel Roero astigiano tra Cisterna e Canale, ho scoperto che il suo autore era un personaggio la cui storia ho tentato di ricostruire attraverso alcune testimonianze.

“Australiano”, “Uomo dei 7 mari”, Giuseppe Cerisola, Beppino, classe 1914, più semplicemente, per i residenti, “Carnera”, è un personaggio che tuttora rimane indelebile nella memoria non solo di alcuni suoi concittadini, ma soprattutto dei numerosi “bagnanti” che nelle estati popolano questo suggestivo borgo del Finalese. Varigottese d.o.c., subì la seconda guerra mondiale che lo colse imbarcato per lavoro nei pressi di Singapore. Fatto prigioniero dagli inglesi, fu tradotto in un campo di lavoro in Australia dove vi “soggiornò” fino alla fine del conflitto e da uomo libero sino all’età della pensione.

In realtà a Varigotti ci tornò, subito dopo la guerra, facendo però dietro front scoperta l’antica fidanzata maritata con prole e da allora per circa un trentennio non si fece più vivo di persona. Di cosa si occupasse è dato incerto: raccoglitore nelle fattorie, o professione più a stretto contatto con gli Oceani. Italiano fra i molti irlandesi presenti sull’isola, si mise presto in luce, nuotatore impavido, per i numerosi salvataggi nel mare in burrasca.

Nel 1976, forse l’ultimo di questi gesti eroici venne compiuto, già di ritorno nelle terre natie, tra le acque tempestose dell’impervio Malpasso tra Varigotti e Capo Noli e gli valse la medaglia d’oro al valor civile.  La ricevette l’anno successivo, durante la commemorazione che ripristinava, sul Municipio di Noli, una targa, rimossa in epoca fascista, che intendeva far memoria di un evento del lontano 1917, in piena Grande Guerra, quando i pescatori nolesi avevano messo in salvo parte dell’equipaggio del “Transilvania”, affondato da un sottomarino tedesco.

Burbero, solitario, lunatico ed introverso, “ma da giovane non era così…”, sostiene “Ciacia” nella biblioteca comunale, si era soliti incrociarlo per il borgo in bicicletta, suo unico mezzo di locomozione, che gli permetteva di raggiungere Finale per fare la spesa. Una bici smontata e rimontata mille volte, le cui gomme erano rattoppate in autonomia così come i vestiti che indossava, mi raccontano.

Altre volte lo si scrutava puntualmente, per mare, già novantenne. Un salvagente lo seguiva a distanza, grazie ad un cordino legato  all’alluce. Dieci anni prima, a suon di bracciate, arrivava ancora a lambire il porto di Finale.

Ma andiamo per ordine. Rientrato in Liguria da pensionato con una rendita mensile in dollari, padrone dell’inglese parlato e scritto, si stabilì dalla madre, la Nìn, la sola in perfetta sintonia con lui, nella casa di famiglia, situata in uno dei vicoli più suggestivi della Varigotti in riva al mare.

Radio a valvole perennemente accesa, Radio Londra in primis, e profumo di cipolla cotta con riso bollito, investivano i sensi di coloro che varcavano il cancelletto di Vico Rossi. La verdura coltivata e il latte completavano una dieta da perfetto sportivo.

Alla cima della scala pittata di quel rosso ruggine che le barche conoscono bene, lo stesso del “Mausoleo”, un immancabile salvagente, il suo simbolo, che di molte grandezze in quel luogo incantato ci ha riproposto. Come corrimano una corda di nave anche questa verniciata di “tinta”, come qui si usa.

Un amore per il mare che esulava dal pescare, più profondamente legato all’umanità che lo popolava. Lauretta ricorda di come la prese per iniziarla alle bracciate, una dei molti piccoli bagnanti che sorresse, così come delle raccomandazioni per le posture, che si preoccupava di tramandare agli amici, omone dal fisico atletico com’era.

E poi il continuo scrutare i cavalloni, attento agli spericolati così come agli sprovveduti. Ne salvò molti, si lustrava, almeno in tre mari. I nomi di alcune sue “vittime” sono scolpiti tra i salvagenti del Mausoleo, sugli articoli che ha amato incorporare nel suo monumento. In una vignetta lì esposta in bacheca, prima o poi si aspettava di salvare solo una mano posizionata come esca da una famigliola di squali intenti ad educare il pargoletto alla “caccia al salvatore”.

Spesso si assentava per trascorrere giornate intere nell’orto e nell’uliveto, situati in una fascia di terra, appena sopra San Lorenzo vecchio. Ed è proprio qui che Beppino, Carnera, l’Australiano, ha nel tempo ricostruito parte della propria storia pubblica, Mausoleo e monumento o che dir si voglia, che lascia inizialmente disorientati  coloro che amano percorrere il sentiero così poco valorizzato che porta alla torre genovese detta “delle streghe” e al Monte di Capo Noli (segnavia X).

Accanto alla porticina in legno che apre lo steccato e costeggiando alcuni metri il sentiero, si erge il particolare e coloratissimo “monumento”, altrove definito “muretto dei ricordi”, una sorta di Mausoleo a cielo aperto.  All’interno di riquadri e salvagenti in cemento e terracotta, scritte in inglese e italiano a volte non comprensibili ad una rapida lettura, quasi appunti. In altri casi, protetti da bacheche artigianali, articoli e vignette tratti da giornali d’epoca e vecchie cartoline. Infine qualche stella marina stampata con le formine che i bimbi dimenticavano sulla spiaggia e tegole poste un po’ artigianalmente a riparo del muretto. Il materiale per la costruzione se lo era portato in spalla, nello zaino, per il ripido sentiero. 

Tra i salvataggi in mare più segnalati ecco quello citato del ’76 nel Mediterraneo, uno del ’56 avvenuto nell’oceano pacifico, un altro nell’oceano indiano. Non faceva distinzioni tra uomini e animali, si buttava e basta. Tra i rischi non solo il mare in tempesta, ma anche uno squalo bianco.

Accanto a tutto ciò, sul lato sinistro del sentiero, il muretto ci racconta che nel 1920 il semaforo-telegrafo che segnalava alle navi il pericolo del Malpasso, smise di esprimersi in morse.  Altrove Beppino ringrazia un suo istruttore o rende omaggio a Loredana e ribadisce la doppia appartenenza italo australiana; sul selciato, nell’inconfondibile stile di tutto il complesso, il segnavia del percorso.

Carnera l’Australiano era un tipo metodico: figuratevi che registrava quotidianamente la temperatura dell’acqua marina ed altri dati meteo. A fine stagione si poteva scoprire quale fosse stato il dì più caldo, umido o ventoso. Del quaderno su cui riportava il tutto, sgualcito e riposto nella nicchia del vecchio barometro all’ingresso del suo vicolo, rimane solo il ricordo, così come della Rosa dei Venti che aveva disegnato sul molo, oggi ricoperta da una recente sua ristrutturazione.

La sua giornata era scandita con regolarità e per questo, negli ultimi anni, in estate, per chi gli voleva bene era facile poter agire su di lui una sorta di monitoraggio a distanza, volto a verificare che tutto gli andasse per il meglio: sveglia, radio, spesa, nuotata, molo, cena e silenzio.

“Era un bell’uomo”, ripetono le sue conoscenti, “con noi parlava” e ricordava per filo e per segno legami e parentele ormai sfilacciati dal tempo. “Mi chiamava fratello” racconta Gigi il barbiere, “leggeva sempre i giornali, era molto intelligente, colto” e mostra una delle rare fotografie a colori che lo ritraggono, estratta dal suo prezioso album per lo più con scatti in bianco e nero.

Il suo fisico gli ha permesso di superare, intorno alla novantina, circa quattro interventi alle anche, che non gli hanno impedito di ritornare in sella o per mare, come testimonia il video della Fondazione Livio Sciutto di Pietra Ligure.

Giuseppe Cerisola ci ha lasciati 5 anni fa, lo hanno trovato in casa con le borse della spesa ancora da svuotare. I più lo hanno tristemente scoperto ad inizio vacanze estive. Ha affidato i suoi affetti alla nipote preadolescente.

Il 2006, anno funesto, ha rapito anche un altro “mito”che percorreva regolarmente il sentiero, per i nolesi “del Pellegrino”, che scorre prima e dopo San Lorenzo. In realtà Cici, all’anagrafe Arturo Borbonese, li camminava tutti, li tracciava e riproduceva su carta e plastilina, i sentieri della zona. Ma questa è un’altra storia.

Ottobre 2011                                                                                              Luca Sibona 
 

Un grazie a:
Luca Anibaldi, la moglie Laura e il papà
Maria Luisa Bagliani, “Ciacia”, bibliotecaria volontaria in Varigotti
Gigi De Carlo dell’Associazione “Amici di San Lorenzo”…  e a tutti coloro che hanno stazionato nei pressi della panca davanti al suo negozio in quel bellissimo pomeriggio di settembre.

 

Galleria di immagini (cliccare sulle miniature  per visualizzarle)

Fotografie raccolte nel Borgo Saraceno di Varigotti da Luca Sibona


Fotografie del "monumento strano" all'inizio del sentiero per Noli (di Alfredo Izeta)

 

 
 

 

 

 

 

 

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Sentieri in Liguria - ottobre 2011